venerdì 8 luglio 2011

Masseria Ghermi: la memoria e la vergogna

In una terra dalla memoria corta, la storia di Masseria Ghermi merita di essere ricordata, anche solo per vergognarcene un po'. Perchè su quei tre spiazzali di cemento è successo di tutto. Ci ha fatto i suoi affari la peggiore sacra corona unita, quella che tentò la strada delle stragi per destabilizzare i processi. Ci ha sudato sangue lo stato, con le forze dell'ordine e la magistratura che hanno imbastito indagini e concluso processi per tagliare le unghie alla criminalità organizzata. Ci è naufragata la politica, che non è riuscita a gestire la pancia xenofoba di certo elettorato, con uno schema rovesciato rispetto alle impostazioni classiche: centrosinistra "intollerante" versus centrodestra "accogliente". Alla fine della fiera chi ci ha perso è Lecce che - caso più unico che raro - ha restituito intatto a Roma un finanziamento da un milione di euro. Ora ci riprova, con un finanziamento che vale il doppio: speriamo che esercitare la memoria (e magari la vergogna) aiuti a non perdere anche questo.

Bisogna inoltrarsi nelle campagne vicino Giorgilorio, tra Surbo e la provinciale Lecce-Torre Chianca per trovare la masseria Ghermi, che di tale ha solo il nome: si tratta in realtà di ruderi risalenti agli anni '80 che si affacciano su tre enormi spiazzali di cemento. Qui faceva i suoi affari, collegati all’edilizia e al movimento terra, Angelo Vincenti, il boss della Scu di Surbo che viene ritenuto il mandante della bomba al rapido Lecce-Zurigo. Era il 5 gennaio 1992 quando scoppia un potente ordigno sul cavalcaferrovia di Surbo, dal quale poco prima era passato il treno, a bordo del quale viaggiavano 800 viaggiatori: un'imprecisione di pochi minuti che evitò un massacro. L'idea, a quanto se ne sa, era quella di condizionare i maxiprocessi che proprio in quei mesi si aprivano e che avrebbero portato alla decapitazione della Scu leccese.

L'anno seguente, nel gennaio del '93, Vincenti viene arrestato con l'accusa di tentata strage e associazione mafiosa e i suoi beni, dopo una lunga trafila giudiziaria, vengono confiscati; tra di essi c'è la masseria Ghermi, che l’Agenzia del Demanio consegna il 22 dicembre 1998 al Comune di Lecce. Passeranno otto anni prima che venga elaborato un progetto: area di sosta per immigrati di nazionalità Rom e Sinti, per sostituire il già allora fatiscente campo di Panareo.

Il finanziamento, un milione di euro, arriva dalla misura 2.5 del Pon sicurezza del Ministero dell’Interno, riservato al riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia. Ma contro il progetto approvato nell’estate del 2006 dalla giunta di Lecce, allora guidata da Adriana Poli Bortone, si schiera subito l'amministrazione comunale di Surbo governata dal centrosinistra di Antonio Cirio. Il 21 settembre 2006 il consiglio comunale surbino «manifesta il proprio palese dissenso nei confronti del progetto riguardante l'insediamento del predetto campo nomadi». Inoltre, assistita dall'avvocato Valeria Pellegrino, l'amministrazione impugna la delibera della giunta Poli con un ricorso al Tar di Lecce.

I giudici amministrativi risponderanno il 20 dicembre, con parole nettissime: il ricorso è bocciato - si legge nella sentenza - perché
«un’amministrazione comunale non può farsi portatore di istanze di tipo egoistico e, quindi, particolaristiche, dovendo invece agire a tutela di interessi pubblici generali».
A questo punto a Surbo scattano le manifestazioni: il «campo nomadi» comunque non s’ha da fare. «La situazione era pesantissima - racconta Francesca Mariano, ex assessore all'immigrazione – avevamo paura di vederci comparire davanti soggetti armati di pistola. Il prefetto di allora fece davvero l'ufficiale di governo, prese in mano la situazione e evitò una guerra civile». In quell'occasione fu Gianfranco Casilli a convocare un vertice in prefettura il 29 gennaio 2007 e a convincere la Poli a cercare nuove soluzioni per masseria Ghermi. «Ho detto sì ad una condizione - furono le parole della lady di ferro, per addolcire la sconfitta - di trovare soluzioni diverse che ci consentano di non perdere i finanziamenti».

Non fu così: per costruire alcune delle abitazioni fisse del campo sosta Panareo, in effetti, si trovarono fonti di finanziamento diverse da quelle del Pon sicurezza. Ma che fine fece il milione di euro stanziato per ristrutturare l'immobile confiscato al clan Vincenti? «Ci è stato revocato» risponde Maurizio Guido, dirigente comunale al patrimonio, il settore che dopo molti palleggiamenti si è visto scaricare la patata bollente di masseria Ghermi. «D’altronde era inevitabile: i tecnici del Ministero hanno verificato che il progetto di campo Rom, per cui era stato erogato il finanziamento, non era mai stato attuato e quindi si sono ripresi i fondi».

Così, tra scontri politici e sentenze giudiziarie, progetti messi a punto con anni di ritardo e poi cancellati da vertici in prefettura, i tre grandi spiazzali di cemento strappati al boss Vincenti trovano una nuova destinazione il 25 maggio del 2009, con una delibera della giunta di Paolo Perrone: un centro alloggio per senzatetto, con un finanziamento richiesto di due milioni e centomila euro. Accordato nei giorni scorsi, come tutti i mezzi di informazione locale hanno comunicato (qui l'articolo di 20 centesimi).
Il gioco dell'oca del riutilizzo di Masseria Ghermi è ripartito dal via, stavolta con un finanziamento doppio: speriamo che esercitare la memoria (e magari la vergogna) aiuti a non perdere anche questo.

Photocredits: Brandi2010-TeleRama, La Repubblica, Comune di Surbo, Biancoenerored.wordpress, atsl.it