martedì 24 maggio 2011

"Io, figlia del Boss: e allora?"

Non è piaciuta a tutti, la storia dell'appalto che puzza di spazzatura e di mafia che pochi raccontano. Non al presidente Pdl dell'Ato, il primo a farsi sentire. Forse neanche alla coop rossa e al socio della Marcegaglia, che si giocano una partita delicata quaggiù nel tacco d'Italia. Soprattutto non è piaciuta alla figlia del boss, che ci ha tenuto a farlo sapere, con una autodifesa accorata e argomentata. E si capisce perché: la storia dell'appalto dei rifiuti nell'entroterra di Otranto non era raccontata in modo tenero. E neanche neutro. Era approfondita, nella volontà di capire quali e quanti sono gli interessi dentro la nostra pattumiera quotidiana, gli affari che si muovono in superficie, a pelo d'acqua ma anche al di là dello specchio.

A Silvano Macculi, presidente Pdl dell'Ato Lecce 2, quella storia non è piaciuta. E ha voluto far sapere subito due cose.

La prima: che il Pdl non c'entra nulla perché non governa l'Ambito territoriale ottimale che decide le sorti (e gli appalti) della spazzatura nel centro della provincia; certo, lui ne è presidente, ma è maggioranza il centrosinistra. A dire il vero nell'organo di governo dell'Ato le proporzioni tra i sindaci sono più complicate: 8 centrosinistra, 8 centrodestra più la centrista Ada Fiore. Un equilibrio così delicato, che alla fine a decidere è il presidente, cioè lo stesso Macculi grazie anche allo statuto che ne blinda la postazione e le funzioni. Ed è giusto che sia così: esporre un organismo composto da più di 40 campanili a continui ribaltoni politici sarebbe stato letale. E però è un fatto che il presidente dell'Ato Lecce 2 sia l'asso di briscola nella gestione dei rifiuti da queste parti. Ed è un fatto anche che sia un astro ascendente del Pdl salentino.

La seconda: che lui ha tenuto gli occhi ben aperti su quell'appalto, tanto da aver chiesto subito (com'è previsto dalla legge) la certificazione antimafia sulle ditte vincitrici, ovvero Lombardi Ecologia e Cns. E che fin da subito ha iniziato a contestare le pecche della Menhir (la società figlia di Lombardi Ecologia e Cns) nella raccolta dei rifiuti. E ha tenuto gli occhi aperti anche riservatamente, senza troppi strepiti ufficiali. Questo dice Macculi e non c'è motivo di non credergli. Va però detto anche che chi ha guardato storto fin dal primo momento la società figlia che aveva preso il posto delle due società madri erano i burocrati degli uffici. E che la certificazione antimafia è stata richiesta quando l'appalto da 60 milioni è stato assegnato: ma i problemi sono nati subito dopo, con l'assunzione di Gianluigi Rosafio e Tiziana Scarlino, le due figure intorno alle quali ruota l'interdittiva antimafia della prefettura. Se virus criminale c'è, è arrivato dopo le analisi del sangue.

Non è noto se la storia sia piaciuta al Cns, il colosso della cooperazione rossa con sede bolognese, e alla Lombardi Ecologia, la ditta barese partner negli affari del gruppo Marcegaglia in terra pugliese. Non è noto ma una cosa è certa: tra le visite internet registrate da questo blog nel periodo di pubblicazione di quel pezzo, 88 sono venute da Bari e 12 da Bologna. Chissà che di qualche visita non va ringraziata qualcuna delle ditte in ballo?

Di sicuro chi ha visitato questo blog e letto quella storia, è stato uno dei protagonisti della storia stessa: Tiziana Luce Scarlino, moglie di Gianluigi Rosafio e figlia di Giuseppe Scarlino, il boss della Scu di Taurisano. Perché ripeterle, queste parentele? Perchè il cuore dell'interdittiva antimafia è tutto lì: una sentenza d'appello del febbraio scorso ha stabilito che Rosafio ha inquinato terra e acqua sversando rifiuti dopo aver fatto piazza pulita dei concorrenti con modalità mafiose. Facendo pesare quella parentela: era il genero di Pippi Calamita, sposato con la figlia del boss.
Egregio sig. Lupo, LA FIGLIA DI UN BOSS non puo lavorare??????????Siamo in un paese con repubblica democratica nella quale le figlie dei Boss hanno diritto a lavorare, sopratutto quando lo fanno onestamente e con il prorio sudore. Come per altro accade per i giornalisti e i dirigenti sindacali...diritto di lavorare per tutti.
Oltretutto vorrei capire se essere la figlia di una persona definita BOSS che sconta la sua pena è una colpa o un reato???
Così ha commentato l'articolo che la riguardava Luciana Scarlino: un'autodifesa accorata e argomentata, dicevamo. E che non ha risparmiato quei sindacalisti che avevano raccontato di un certo imbarazzo al momento di sedersi al tavolo di trattativa con genero e figlia di Pippi Calamita.

Poi vorrei precisare a tutti voi sindacati se avevate imbarazzo a sedersi accanto alla mia persona, se avvertivate lo stesso disagio quando interloquivate con me in quanto dipendente per chiedere l'assunzione dei propri dirigenti sindacali o favoritismi ai propri iscritti....semmai se di disagio può parlare questi sindacati...potevano avere il disagio nei miei confronti solo per il confronto intellettuale..Questo sindacato se tale si può definire, dovrebbe tutelare i propri lavoratori iscritti anzichè fare terrorismo a spese delle persone che lavorano.
Infine una precisazione e una richiesta, rivolta a chi ha raccontato quella storia:

Fa comodo menzionare atti processuali ancora in corso che non mi vedono condannata definitivamente e comunque non per reati di mafia. Vorrei dargli la mia iscrizione sindacale...o è troppo razzista per accettarla???sig.Lupo mi auguro che queste parole la facciano riflettere,Per continuare a credere di vivere in uno stato di diritto mi auguro che si faccia piena luce su quanto mi avete ingiustamente attribuito.
Riflettere è sempre giusto: nessuno ha da spiegare verità piegate in tasca, in un blog, da una tv o su un giornale. Ma per arrivare a verità provvisorie e relative non si può che approfondire le decisioni dei giudici, cioè gli uomini ai quali lo stato (ovvero noi) ha delegato il compito di ascoltare accuse e analizzare difese, interrogare testimoni e esaminare prove. Per poi prendere decisioni, che non sono perfette ma sono le uniche legittime.
Gentile signora Scarlino, una premessa: razzista è esattamente l'ultima cosa che mi sento di essere. se non altro perchè sono figlio e nipote di emigranti e quindi so quanto il sospetto e il pregiudizio possano pesare, anche ingiustamente. ma qui non si tratta di pregiudizi, bensì di giudizi: come lei sa meglio di me, il primo grado del processo l'ha vista condannata per i reati contestati, mentre nel secondo grado è intervenuta la prescrizione: il che non equivale ad assoluzione ma comunque fa di lei - questo è bene sottolinearlo - una persona incensurata. la legge è legge, mi sono permesso di dire a chi polemizzava con quella prescrizione. ma la legge è legge anche quando riguarda le interdittive antimafia che, com'è noto, sono un atto cautelare: cioè non servono a punire dei reati ma a prevenirli. sono d'accordo: non è una colpa o un reato essere la figlia di un boss, ma i reati se mai sono stati commessi (stando a quanto stabilito nei primi due gradi di giudizio) smaltendo rifiuti in maniera illecita: è un precedente che merita attenzione oppure no? ancora una volta ribadisco: l'aggravante mafiosa riguarda solo e soltanto suo marito e solo e soltanto nel secondo grado di giudizio, mentre nel primo grado altri giudici non l'hanno ritenuta fondata. ad oggi, però, la realtà è quella di una condanna d'appello con l'articolo 7 delle aggravanti mafiose del reato commesso.
Fin qui la ricostruzione giudiziaria. Ma una cosa, nell'autodifesa di Tiziana Scarlino, è assolutamente vera: c'è ancora un grado di giudizio, la cassazione, che potrebbe ribaltare un'altra volta il punto dell'aggravante mafiosa. Una corte, l'ultima, potrebbe rovesciare defitivamente la lettura di quello che successe in quel lontano 2002 e quindi quello che sta succedendo oggi tra i rifiuti di Otranto e le prefetture di mezza Italia. D'altronde l'appello ha già sconfessato il primo grado e pare che in cassazione Gianluigi Rosafio si stia attrezzando con i migliori penalisti sulla piazza nazionale. E se quel verdetto cambiasse tutto? O se anche non cambiasse nulla, non è comunque giusto ascoltare chi si professa innocente? Ecco il perché della proposta finale

le propongo un'intervista in cui lei possa dire tutto quello che, a suo parere, discolpa e giustifica lei e suo marito e possa rispondere a tutte le domande e i dubbi che legittimamente le porrò: accetta?

Una proposta che ha ricevuto risposta, qualche ora dopo.

ci ho pensato tutta la notte ...alla fine forse la dovrò anche ringraziare, accetto l'intervista se lei è ancora disponibile...
Sono ancora disponibile: i contatti sono stati avviati e molto presto ascolterete e leggerete tutta intera l'autodifesa della figlia del boss.


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