venerdì 13 maggio 2011

Finocchi patentati


Per condividere questo post non occorre essere gay. Però un po' aiuta: non per quella peculiare sensibilità che gli omosessuali troppo spesso si auto-attribuiscono (e con la quale troppo spesso si auto-ghettizzano), ma per quella sensazione, acquattata in un angolo del cervello, di avere qualcosa da temere da una nazione ancora troppo ostile.

Quella sensazione, Cristian, probabilmente non ce l'aveva; oppure ha voluto dare fiducia all'Italia, considerarlo un paese civile; o semplicemente non aveva voglia di fare il militare. Così, mentre i suoi coetanei si facevano certificare improbabili soffi al cuore o chiedevano all'amico se usciva ancora con quella ragazza col papà colonnello che poteva far chiudere un occhio, lui si è presentato alla visita di leva e l'ha messa giù semplice semplice: "sono gay: siete voi a non volere me". Visita psicologica nell'ospedale militare, qualche battuta greve sottovoce e qualche sopracciglio alzato per disgusto o commiserazione. Ma Cristian viene esonerato: il risultato è acquisito, la storia è chiusa. O forse no: a raccontare che tanto chiusa non era, almeno per lo Stato italiano, è stata Repubblica nei giorni scorsi.
"Gravi patologie che potrebbero risultare di pregiudizio per la sicurezza della guida". Con queste motivazioni Cristian Friscina, un ragazzo omosessuale di Brindisi, titolare di una patente di guida emessa dalla motorizzazione civile della sua città nel 1999, si è visto negare il rinnovo della patente. La vicenda è stata denunciata dai Radicali, che hanno depositato oggi una interrogazione urgente ai ministri dei Trasporti e della Difesa."
Conosco poco Cristian: un ragazzo normale, poco più che trentenne, che preferisce le dance hall alle discoteche e una tre quarti di birra ad un calice di prosecco. Tutt'altra cosa rispetto allo stereotipo gay.

Non conosco lo zelante funzionario che gli ha ritirato la patente di guida per consegnargli quella di finocchio: non so se l'ha fatto mentre un piccolo brivido sadico gli percorreva la schiena oppure con l'indifferenza burocratica di chi sbriga una qualunque pratica.

E non conosco la madre di Cristian: non so se quando è arrivata a casa la notifica dell'inabilità a guidare del figlio omosessuale ha detto "figlio mio, che ingiustizia!" oppure "figlio mio, che vergogna!".

Martedì, per la prima volta nelle officine Cantelmo di Lecce ci sarà un'iniziativa dell'Agedo, l'associazione dei genitori degli omosessuali; e per la prima volta in una città che si racconta aperta e tollerante ma nella quale non esiste da anni un circolo arcigay le "velate" non sono l'eccezione ma la regola, si parlerà di orgoglio e pregiudizio, difficoltà outing e soprattutto di vergogna. La vergogna dei gay a dichiararsi, delle loro famiglie nell'accettarlo.

Anche se forse dovrebbe vergognarsi un po' di più chi ci vorrebbe riportare al medioevo, quando quella "patente" di omosessualità significava il rogo, il fuoco che veniva da fascine alle quali venivano aggiunte spezie per coprire l'odore acre della carne che brucia: semi di cumino per le streghe, semi di finocchio per gli invertiti.

Infine non so cosa pensi il responsabile ultimo del meccanismo che ha tolto la patente a Cristian, il ministro dei trasporti Altero Matteoli. So che proviene da un partito, il Movimento Sociale Italiano, che non ha mai avuto grandi simpatie per i ricchioni. Ma anche che viene da una terra, la Toscana, che è terra di accoglienza e civiltà e che sul turismo gay-friendly ha costruito un'industria i cui numeri non conoscono crisi. Per questo, nel dubbio, ho mandato una mail al suo indirizzo ministeriale (segreteria.matteoli@mit.gov.it): "Gentile ministro, in attesa che venga restituita la patente a Cristian Friscina, la prego di ritirare anche la mia".

Mandategliela anche voi: per scrivergliela non occorre essere gay, basta avere ancora la capacità di indignarsi.